Salva un Bimbo Queste pagine vogliono essere d'aiuto e riflessione per tutte quelle mamme che stanno per accogliere una nuova creatura. Fermamente contro l'aborto dico "sì alla Vita"!
martedì 23 aprile 2013
domenica 21 aprile 2013
Aborto terapeutico....l'aborto non è una soluzione!
Ecco parte di un articolo tratto da pianeta mamma.it, aiuta a riflettere!
Con la sentenza n° 14488 del 29 luglio 2004 la Corte di Cassazione ha affermato che: “la interruzione volontaria della gravidanza è finalizzata solo ad evitare un pericolo per la salute della gestante, serio (entro i primi 90 giorni di gravidanza) e grave successivamente” ed in conseguenza il Supremo Collegio ritiene che “le eventuali malformazioni o anomalie del feto rilevano solo nei termini in cui possano cagionare il danno alla salute della gestante e non in sé considerate, con riferimento al nascituro”.A conferma viene richiamato l’art. 1 della L. 194/78, il quale, secondo la Cassazione “pur riconoscendo il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, … una volta intervenuto il concepimento, ricollega l’interruzione della gravidanza esclusivamente alle ipotesi normativamente previste in cui sussista un pericolo per la salute o per la vita della gestante”.Nella stessa sentenza si affrontano i problemi dell’eugenetica, e del così detto “diritto di non nascere se con la nascita si ha poi una wrongful life (una vita non degna)”.La Corte ritiene che nel nostro ordinamento non esista l’aborto eugenetico; la legge tutela il concepito e quindi l’evoluzione della gravidanza esclusivamente verso la nascita e non verso la non nascita, per cui se di diritto vuol parlarsi, deve parlarsi di diritto di nascere.
Le motivazioni sono di particolare importanza. Il convincimento della Corte è ancorato in particolare all’art. 54 Codice Penale (stato di necessità), secondo cui con riguardo alla L. n° 194/78 “il diritto che ha la donna è solo quello di evitare un danno (serio o grave, a seconda delle ipotesi temporali) alla sua salute o alla sua vita”.
Le malformazioni fetali non fanno sorgere un diritto all’aborto, ma sono rilevanti “solo per concretizzare il pericolo alla salute e alla vita della gestante e permettere alla stessa di avvalersi della esimente costituita dalla necessità di interruzione della gravidanza”; chiarissima, poi, la conseguenza: “l’aborto non è l’esercizio di un diritto della gestante, ma un mezzo concesso a lei (e solo a lei) per tutelare la sua salute o la sua vita, sopprimendo un altro bene giuridico protetto (il diritto a nascere del concepito)”.La suddetta sentenza della Cassazione è stata confermata dalla più recente sentenza n° 16123 del 14 luglio 2006 nella quale con molta chiarezza si stabilisce che, ai sensi dell’art. 6 lett. b) della legge n° 194/78, per procedere alla interruzione della gravidanza dopo il novantesimo giorno non basta che siano presenti anomalie o malformazioni del nascituro, ma occorre che tale presenza cagioni processi patologici in atto che comportino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della madre.
Richiamiamo l’attenzione sul fatto che la norma parla di processi patologici che un medico deve accertare; si tratta quindi di malattia, e deve essere anche accertato il grave pericolo per la salute della madre.
Il Supremo Collegio, inoltre, nella sentenza n° 16123/2006 ribadisce che non è ammesso un diritto “a non nascere” o a “non nascere se non sano”, mentre nel nostro ordinamento è tutelato il diritto del concepito a nascere, anche se affetto da malformazioni.
Infine, è importante tener presente l’insegnamento della Corte Costituzionale che con sua pronunzia del 17-26 novembre 2004 n° 366 (in Giurisprudenza Costituzionale 2004, 3989) ha osservato come per ammettere l’interruzione della gravidanza dopo i primo novanta giorni non sia sufficiente l’accertamento dei processi patologici che comportino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della madre, ma è necessario che nel caso concreto ricorra una “ulteriore condizione prevista dall’art. 7, comma 3 stessa legge”, e cioè “che non sussista possibilità di vita autonoma del feto”.
Informazioni in parte tratte da http://www.paginemediche.it/
Con la sentenza n° 14488 del 29 luglio 2004 la Corte di Cassazione ha affermato che: “la interruzione volontaria della gravidanza è finalizzata solo ad evitare un pericolo per la salute della gestante, serio (entro i primi 90 giorni di gravidanza) e grave successivamente” ed in conseguenza il Supremo Collegio ritiene che “le eventuali malformazioni o anomalie del feto rilevano solo nei termini in cui possano cagionare il danno alla salute della gestante e non in sé considerate, con riferimento al nascituro”.A conferma viene richiamato l’art. 1 della L. 194/78, il quale, secondo la Cassazione “pur riconoscendo il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, … una volta intervenuto il concepimento, ricollega l’interruzione della gravidanza esclusivamente alle ipotesi normativamente previste in cui sussista un pericolo per la salute o per la vita della gestante”.Nella stessa sentenza si affrontano i problemi dell’eugenetica, e del così detto “diritto di non nascere se con la nascita si ha poi una wrongful life (una vita non degna)”.La Corte ritiene che nel nostro ordinamento non esista l’aborto eugenetico; la legge tutela il concepito e quindi l’evoluzione della gravidanza esclusivamente verso la nascita e non verso la non nascita, per cui se di diritto vuol parlarsi, deve parlarsi di diritto di nascere.
Le motivazioni sono di particolare importanza. Il convincimento della Corte è ancorato in particolare all’art. 54 Codice Penale (stato di necessità), secondo cui con riguardo alla L. n° 194/78 “il diritto che ha la donna è solo quello di evitare un danno (serio o grave, a seconda delle ipotesi temporali) alla sua salute o alla sua vita”.
Le malformazioni fetali non fanno sorgere un diritto all’aborto, ma sono rilevanti “solo per concretizzare il pericolo alla salute e alla vita della gestante e permettere alla stessa di avvalersi della esimente costituita dalla necessità di interruzione della gravidanza”; chiarissima, poi, la conseguenza: “l’aborto non è l’esercizio di un diritto della gestante, ma un mezzo concesso a lei (e solo a lei) per tutelare la sua salute o la sua vita, sopprimendo un altro bene giuridico protetto (il diritto a nascere del concepito)”.La suddetta sentenza della Cassazione è stata confermata dalla più recente sentenza n° 16123 del 14 luglio 2006 nella quale con molta chiarezza si stabilisce che, ai sensi dell’art. 6 lett. b) della legge n° 194/78, per procedere alla interruzione della gravidanza dopo il novantesimo giorno non basta che siano presenti anomalie o malformazioni del nascituro, ma occorre che tale presenza cagioni processi patologici in atto che comportino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della madre.
Richiamiamo l’attenzione sul fatto che la norma parla di processi patologici che un medico deve accertare; si tratta quindi di malattia, e deve essere anche accertato il grave pericolo per la salute della madre.
Il Supremo Collegio, inoltre, nella sentenza n° 16123/2006 ribadisce che non è ammesso un diritto “a non nascere” o a “non nascere se non sano”, mentre nel nostro ordinamento è tutelato il diritto del concepito a nascere, anche se affetto da malformazioni.
Infine, è importante tener presente l’insegnamento della Corte Costituzionale che con sua pronunzia del 17-26 novembre 2004 n° 366 (in Giurisprudenza Costituzionale 2004, 3989) ha osservato come per ammettere l’interruzione della gravidanza dopo i primo novanta giorni non sia sufficiente l’accertamento dei processi patologici che comportino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della madre, ma è necessario che nel caso concreto ricorra una “ulteriore condizione prevista dall’art. 7, comma 3 stessa legge”, e cioè “che non sussista possibilità di vita autonoma del feto”.
Informazioni in parte tratte da http://www.paginemediche.it/
domenica 14 aprile 2013
Il rispetto della vita umana nascente
"Spiegate alla donna che ha avuto un aborto, che il destino eterno del proprio bambino deve essere lasciato nelle mani di Dio, perché noi non sappiamo esattamente cosa accade ai bambini che muoiono, ed in particolar modo ai bambini che muoiono senza aver ricevuto il battesimo. Spiegate, inoltre, alla donna che ha abortito che esistono per lei soltanto due direzioni da prendere.
La direzione sbagliata che la donna può seguire è quella di illudersi credendo che l'aborto era giustificato poiché, a sua volta, si illude pensando che il bambino ucciso con l'aborto non era da considerare un essere umano. Questo modo di illudersi farà vivere la donna che ha abortito in un mondo di sogni e sarà molto distruttivo per la sua tranquillità di spirito.
La direzione giusta da seguire è quella di ammettere completamente che l'aborto sia stato una scelta sbagliatissima, anche se, in coscienza, la colpa può essere in parte giustificata a causa dell’ignoranza o della mancanza di libertà nel momento in cui la donna abortiva. Dopo aver ammesso che l'aborto è stato un atto sbagliato, la donna dovrebbe ricercare il perdono di Dio nella misura in cui sia andata contro la sua coscienza il giorno in cui ha abortito. Nessuna persona può giudicare la sua coscienza dall'esterno.
Soltanto Dio può aiutarla ad essere pentita per l'atto compiuto contro la sua coscienza. Nel momento in cui la donna ha ricercato il perdono da parte di Dio, esortatela a distogliere la sua attenzione dal passato per quanto vi è possibile.
Dio perdona e dimentica..."
Queste parole, pienamente da me condivise, arrivano dal questo sito dove potete anche trovare il video "IL GRIDO DEL SILENZIO", dove si vede tramite ecografia, il comportamento del feto durante l'azione del medico abortista!
E' un filmato molto forte, che emoziona e che lascia senza parole, ma è anche uno strumento provvidenziale che ci aiuta a far capire quanto doloroso sia l'aborto, e quanta paura abbia il bimbo che si sente afferrato e strappato dal suo nido.
Lui grida ma nessuno lo sente!
Io voglio che tutti questi bimbi abbiamo una voce, una voce tanto forte che parli al cuore di tutte quelle mamme che per un motivo o un'altro stanno prendendo una decisione sbagliata!....L'aborto non è mai la soluzione giusta!
sabato 13 aprile 2013
“Grazie per avermi dato la vita”
Parto anonimo.
(Tratto da www.lenuovemamme.it)
Per la
legge italiana non si diventa mamma e papà automaticamente, al momento del
parto; è la dichiarazione di nascita o il
riconoscimento a farci genitori di quel bambino appena venuto al mondo.
La donna che partorisce può anche non riconoscere il bambino, e se
neppure il papà lo fa si aprono le pratiche per la dichiarazione
di adottabilità. È
una scelta di responsabilità e di apertura alla vita: quella donna affronta il
percorso della gravidanza, i tanti mutamenti fisici e psicologici che porta con
sé, il travaglio del parto e l’esperienza della nascita sapendo di non poter
crescere quel bambino, per dargli la possibilità di vivere e di essere felice,
con una famiglia che se ne possa prendere cura.
Se tutto andrà per il meglio ci saranno una nuova mamma e un nuovo
papà, quel bambino diventerà un adulto e dovrà essere informato della sua
storia adottiva, e a venticinque anni potrà domandare al Tribunale per i
Minorenni di essere autorizzato a conoscere il nome della madre che l’ha dato
alla luce, e attraverso lei ricostruire le proprie radici, la sua storia
personale, e magari conoscere anche eventuali fratelli o sorelle di sangue.
C’è però un’eccezione, conosciuta solo da Italia, Francia e
Lussemburgo: la madre
può, al momento del parto, chiedere di restare anonima anche rispetto alle
ricerche successive del
proprio figlio. Un anonimato che pesa per cento anni dalla nascita, e di fatto
impedisce ai più di riallacciare i nodi della propria storia.
L’anonimato serve senza dubbio a stimolare la scelta del parto ed
evitare l’aborto, perché
tiene la mamma al riparo dal peso della responsabilità dell’abbandono, perché
mai il figlio la potrà ricercare e riportarla dinnanzi alla scelta che fece
quel giorno.
Ma quel figlio (o i suoi figli) può sviluppare malattie genetiche
curabili solo conoscendo i dati dei propri ascendenti, come avviene per il linfoma
non Hodgkin ma
anche per il diabete mellito, e ancora più spesso può manifestare gravi
difficoltà psicologiche specialmente durante l’adolescenza, quando tutti i
ragazzi hanno bisogno di sapere da dove vengono per conoscersi davvero, ed
affrontare le sfide della vita.
E quella mamma spesso vive un travaglio interiore pesantissimo, e
non può più tornare a cercare quel figlio per ricucire una ferita che continua
a sanguinare specialmente quando sono superate le difficoltà economiche e
personali che hanno imposto l’abbandono, e magari sono arrivati altri figli.
In una sentenza dello scorso 25 settembre la Corte Europea dei
Diritti dell’Uomo ha condannato questa grave violazione del diritto alla vita
privata, tutelato dall’art. 8 della Convenzione Europea, imponendo un
ripensamento della nostra legge volto a consentire al figlio di conoscere dati
non identificanti della madre, come ad esempio la sua anamnesi
o il DNA, e a permettere alla donna di ripensare la sua scelta di anonimato, e
farsi conoscere dal proprio figlio.
Saranno passati tanti anni (almeno 25 secondo i progetti di legge
di modifica che pendono da anni all’esame delle nostre camere) e quella mamma
non troverà un giudice e una condanna, ma un giovane uomo che la cerca per
ringraziarla, o una giovane mamma che vuole farle conoscere un nipotino, e
vedere nei loro tratti il segno di una storia d’amore condivisa.
Un Comitato
per il Diritto alle Origini raccoglie persone che hanno vissuto questa
esperienza,sostiene la modifica della legge italiana, per rimuovere
la condanna dei cento anni di silenzio, raccogliendo l’attenzione delle persone
più sensibili: provate a leggere nella loro pagina facebook le storie di chi cerca la sua mamma
biologica, senza nulla togliere all’amore per i genitori adottivi. Non vi
troverete nessuna condanna, ma solo la foto di uno striscione che parla da solo
“Ti cerco per dirti grazie per avermi dato la vita”. Troverete
anche l’invito a sostenere con una petizione on line questa conquista di
civiltà e di amore.
Una canzone per un bimbo mai nato
IL MIO BAMBINO
Se solo avessi saputo
che il tuo cuoricino batteva,
se solo avessi visto
le tue braccine e gambine,
se solo avessi compreso
che eri una persona,
non ti avrei ucciso,
non ti avrei ucciso.
Mio dolce bambino,
sei un così grande tesoro per me,
ti ho portato in grembo
ma ho ascoltato le paure
e ora mi restano le lacrime.
Se solo avessi saputo
che il tuo cuoricino batteva,
se solo avessi visto
le tue braccine e gambine,
se solo avessi compreso
che eri una persona,
non ti avrei ucciso,
non ti avrei ucciso.
YaHWeH perdonami,
addio mio piccolino.
Copyright AbortionInformation.eu AbortusInformatie.nl
Composta e cantata da Irene van der Wende
venerdì 12 aprile 2013
Marcia Nazionale per la vita!
Gli attacchi alla vita umana innocente sono sempre più numerosi e nuovi strumenti di morte minacciano la sopravvivenza stessa del genere umano: Ru486, Ellaone, pillola del giorno dopo ecc.
Da oltre trent’anni una legge dello Stato (la 194/1978) regolamenta l’uccisione deliberata dell’innocente nel grembo materno e i morti si contano a milioni.
La Marcia per la Vita è il segno dell’esistenza di un popolo che non si arrende e vuole far prevalere i diritti di chi non ha voce sulla logica dell’utilitarismo e dell’individualismo esasperato, sulla legge del più forte.
Con la Marcia per la Vita intendiamo:
- affermare la sacralità della vita umana e perciò la sua assoluta intangibilità dal concepimento alla morte naturale, senza alcuna eccezione, alcuna condizione, alcun compromesso;
- combattere contro qualsiasi atto volto a sopprimere la vita umana innocente o ledere la sua dignità incondizionata e inalienabile.
Per questo:
- chiamiamo a raccolta tutti gli uomini di buona volontà per difendere il diritto alla vita come primo dei principi non negoziabili, iscritti nel cuore e nella ragione di ogni essere umano e -per i cattolici – derivanti anche dalla comune fede in Dio Creatore;
- esortiamo ogni difensore della vita a reagire, sul piano politico e culturale, contro ogni normativa contraria alla legge naturale, e contro ogni manipolazione mediatica e culturale che la sostenga. E qualora ci si trovi nella impossibilità politica di abolire tali leggi per mancanza di un consenso popolare sufficiente, ci si impegna a denunciarne pubblicamente l’intrinseca iniquità, che le rende non vincolanti per le coscienze dei singoli.
mercoledì 10 aprile 2013
Una storia come tante
Una storia che arriva da Facebook, non so se sia vera,
certo è che è commovente e fa riflettere:
certo è che è commovente e fa riflettere:
Una donna arriva disperata
dal suo ginecologo e disse : Dottore Lei mi deve aiutare, ho un problema molto,
ma molto serio.. Mio figlio ancora non ha
completato un anno ed io sono di nuovo incinta, non voglio altri figli in un
cosi corto spazio di tempo, ma si con qualche anno di differenza.. Allora il
medico domandò: Bene, allora Lei cosa desidera che io faccia? La Signora
rispose: Voglio interrompere questa gravidanza e conto sul suo aiuto. IL medico
allora iniziò a pensare e dopo un lungo silenzio disse: Penso che abbia trovato
un metodo per risolvere il suo problema meno pericoloso per Lei. La signora
sorrise pensando che il medico aveva accettato la sua richiesta.. IL Dottore
continuò a parlare: Allora cara signora, per risolvere il suo problema e non
stare con 2 neonati in un così corto spazio di tempo, uccidiamo questo che è
fra le sue braccia, cosi lei potrà riposare per 9 mesi finche avrà l'altro. Se
dobbiamo uccidere, non fà differenza fra questo o quell'altro, anche perchè
sacrificare questo che lei ha tra le sue braccia è molto più facile, perchè non
ci saranno rischi per Lei. La donna rimase molto più che disperata e disse: NO
dottore uccidere un bambino è crimine!! Il dottore rispose: Anch'io la penso
come Lei, ma Lei era tanto convinta che ho pensato di aiutarla. Dopo alcune
considerazioni, il dottore capì che la sua lezione aveva fatto il suo effetto,
e riuscì a far capire alla madre che non c'era la minima differenza fra quello
tenuto in braccio e quello dentro del suo ventre.. Sorrise e disse: ci vediamo
fra una settimana per la prima ecografia e per sentire il cuoricino del
fratellino.. Se ti piace Condividete.. Possiamo provare assieme a salvare una
vita!
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