L'aborto non è terapeutico


L'aborto non è mai una soluzione!

La storia di Teresa Benedetta

La testimonianza di una gravidanza particolare, vissuta nella fede. Racconta Elisabetta: "Posso dire che il Signore in quindici anni di matrimonio con Goffredo ci ha sempre sostenuti, protetti ed affiancati". 

Mi chiamo Elisabetta, sono sposata da quindici anni con Goffredo ed insieme abbiamo avuto nove figli, di cui quattro in cielo e cinque viventi. Posso dire che il Signore in quindici anni di matrimonio ci ha sempre sostenuti, protetti ed affiancati, ma nell’ultima gravidanza si è manifestato a noi e ai nostri figli veramente con "braccio potente". A luglio del 2002 ci trovavamo in vacanza al mare, quando trascorsa la prima settimana ho incominciato ad avere il sospetto di essere di nuovo incinta. Velocemente ho fatto il test di gravidanza, ed ho potuto verificare che non mi ero sbagliata. 

L’idea di poter abbracciare di nuovo un altro bambino mi riempiva di gioia, ma quella di dover aspettare nove mesi mi rattristava, perché nelle precedenti gravidanze avevo avuto sempre minacce di aborto; pensare di dover di nuovo mettermi in poltrona non mi piaceva affatto. Dato che stavo al mare, ho incominciato a star ferma sotto l’ombrellone. Mio marito, che ama leggere i libri dei santi, presso la biblioteca comunale aveva preso un libro che raccontava la storia di Edith Stein, un’ebrea convertita al cristianesimo che è morta nei campi di concentramento ad Auschwitz. 

Come potete immaginare, storia molto "allegra" e "divertente" che avrei voluto tranquillamente evitare di conoscere, ma mio marito ogni tanto mi riferiva qualche fatto accaduto nella vita di questa santa. Per cui mi è rimata impressa in mente la foto della stessa vestita da suora che stava sulla copertina del libro. Passati i quindici giorni di vacanze al mare, siamo ritornati a casa e la sera stessa; giusto il tempo di scaricare le valigie, subito di corsa all’ospedale perché arrivavano le avvisaglie delle minacce di aborto. 

In questa ecografia mi sono sentita tanta amata dal Signore, perché a me piacciono tanto le belle sorprese e il Signore me ne ha preparata una: portavo in grembo due gemelli! Non vi dico la contentezza e la gioia nel vedere quelle due camerette gestazionali, una vicina all’altra! Non vi dico le risate con mio marito nel dare la notizia ai figli e ai nonni ... in un attimo la vita era diventata straordinariamente divertente e ricca di avvenimenti! Ci sentivamo felici, anche se per il resto del mondo eravamo degli emeriti incoscienti e irresponsabili! L’onore di avere due gemelli però svanì presto, quando nel ripetere l’ecografia nel secondo mese di gravidanza, la dottoressa ci disse che uno dei due feti si era spento e che si sarebbe riassorbito piano piano, senza vedersi più! Questa notizia ha rattristato molto noi e i nostri figli; è anche vero che non so come il mio utero, così fragile avrebbe potuto resistere a tanto peso! Per cui, certi che il Signore è padrone della vita e della morte, gli abbiamo affidato la vita dell’altro gemello ancora vivo. 

Arrivati più o meno al quinto mese di gravidanza, era arrivato il tempo di fare l’ecografia morfologica, quella tanto temuta da tutti perché lì si vede se il bambino presenta qualche problema. Io e mio marito quella mattina ci siamo recati all’ospedale contenti perché finalmente potevamo conoscere il sesso della quinta "copia" della nostra famiglia. Ma qui il Signore aveva preparato una sorpresa non bella, questa volta! Come la dottoressa ha appoggiato il monitor sopra la mia pancia, si è fermata, rimanendo perplessa, e incomincia a chiedere se qualcuno mi ha mai consigliato di fare l’amniocentesi. Io chiaramente ho risposto di no, ma di fronte alla mia faccia insospettita, la dottoressa ha detto: "Qui appare chiaro un problema molto grave! Andiamo subito al sodo o preferisce che parta da lontano?" 

Io nella vita sono molto concreta, e mi piace in genere affrontare la realtà così come si presenta, per cui le dico tranquillamente di andare al sodo! "Vede signora, questa è la testa del bambino e qui dentro appare tutto nero! Sa cos’è questa? È tutta acqua! È sa cosa significa? Che manca metà cervello!". Silenzio di tomba … Io timidamente dico: "Vuol dire che è un bambino cerebroleso?"... "Sì, signora; per cui, data la gravità della situazione le consiglio vivamente di abortire; anche la legge in questi casi ammette l’aborto, anche perché sicuramente, in queste condizioni non potrebbe arrivare alla nascita!". Sempre molto timidamente, e dopo un breve sguardo con mio marito, dico: "Ed il resto del corpo non lo guarda? Si ferma qui?"... 

Così ha proseguito l’ecografia del resto del corpo, sicura, la dottoressa, di trovare un’altra malformazione; invece, niente. Il corpo era perfetto: si vedeva benissimo che era una femmina, il cuore batteva molto bene, le dita delle due mani e dei due piedi, dopo essere state contate due volte, erano tutte, i reni erano perfetti, non aveva la spina dorsale bifida, il profilo del visetto era perfetto, anche gli occhi ed il naso erano in asse … era tutto perfetto, tranne quella testolina che appariva completamente nera! Mentre la dottoressa continuava ad insistere sulla assoluta necessità di un aborto terapeutico, io e mio marito d’intesa, ci siamo opposti. Allora per convincerci, ci ha fissato un appuntamento presso un centro diagnostico in un’altra città regionale dove grazie ai macchinari più sofisticati, ci avrebbero convinto sul da farsi. 

Ritorniamo a casa e varcata la soglia, abbiamo abbracciato forte i figli che ansiosi ci stavano aspettando e siamo scoppiati a piangere. Abbiamo spiegato loro che la testa era nera e che la bambina, forse, non sarebbe arrivata alla nascita, e, se ci fosse arrivata sarebbe morta poco dopo, o comunque avrebbe avuto degli handicap gravissimi. Dopo questa spiegazione fatta in lacrime, una delle figlie dice: "Forse non potrà camminare? Non importa, la aiuterò io!". Ed un’ altra:" Forse non riuscirà a prendere la pappa? Non ti preoccupare, gliela darò io!". Di fronte a queste reazioni positive e poco scandalizzate, da parte dei figli, ho preso coraggio ed ho telefonato alla catechista del cammino di fede di cui facciamo parte io e mio marito. 

E qui il Signore, attraverso le parole di questa sorella, mi ha colmato di speranza: "Elisabetta, non ti fermare davanti a questa ecografia, aspetta la prossima perché questi si potrebbero essere anche sbagliati! Poi, se così fosse, questa bambina con problemi ha bisogno di amore più degli altri, va amata più degli altri! Tu hai la possibilità di amare Gesù Cristo sulla croce in casa tua, tutti i giorni attraverso questa bambina che Dio ti ha donato. Non pensare male di Dio, pensa, invece, che questa è una benedizione per te, tuo marito e i vostri figli; e che attraverso questa croce, voi otterrete la vita eterna. Sai, siamo tutti molto moralisti e pensiamo che abbiamo commesso qualche colpa grande, per cui Dio ci castiga, mandandoci, per esempio, un figlio handicappato. Invece, non devi pensare male di Dio, anzi, incomincia fin da adesso, a benedire Dio per la storia che sta facendo con te e la tua famiglia. Coraggio e vai a fare l’altra ecografia!". 

L’ecografia successiva era fissata a distanza di tre giorni. Nel frattempo, priva di forze e di voce, incomincio a dare questa notizia ai nostri genitori, ai fratelli della nostra comunità e a tutti i presbiteri che conosco. La mia reazione è stata quella di chiedere aiuto a tutti quelli che potevano pregare. Non ho mai creduto al miracolo, per cui non chiedevo il miracolo, ma che il Signore potesse darmi la forza di entrare nella Sua volontà, di abbracciare questa croce. Il giorno dopo mi sono alzata contenta, ma perplessa perché avevo fatto un bel sogno: avevo sognato che mentre camminavo lungo una strada, sentivo qualcuno che mi chiamava, mi giravo e vedevo una suora che sorridente mi veniva incontro, mi abbracciava forte ed era molto contenta. 

Tempo di aprire gli occhi e di pensare un minuto… la riconosco: quella donna era uguale alla foto riprodotta sul libro di questa estate … Edith Stein vestita da suora, quindi non più l’ebrea, ma la carmelitana che ha preso il nome di suor Teresa Benedetta dalla Croce. Ricevuta la notizia, mio marito si è "offeso", perché era lui che doveva sognare questa Santa di cui aveva letto la vita e dalla quale era rimasto affascinato! Ma la suora si è presentata a me! Domanda: sarà stato un sogno profetico? Cosa voleva dire? Una cosa era sicura... la suora rideva contenta, quindi non era un brutto sogno! Io non l’ho raccontato a nessuno perché non volevo illudermi e così è rimasto un segreto all’interno della mia famiglia. 

Andiamo a fare la seconda ecografia e dopo un silenzio di tomba la dottoressa ci dà la risposta: "Il problema è molto grave. Si tratta di un’ idrocefalia molto importante. Il cervello non si vede bene, forse c’è. Manca sicuramente il corpo calloso. In questi casi consigliamo vivamente l’aborto terapeutico! Si tratta di una patologia rarissima; le statistiche dicono che in alcuni casi il 40% muore alla nascita, in altri il 70% vegeta o ha comunque handicap gravissimi. Se non volete abortire non so a quale centro specializzato potete rivolgervi. Non li conosco…forse qualcosa a Bologna… ma non so...". Con il cuore a terra e le lacrime agli occhi ce ne ritorniamo a casa. 

Mentre me ne sto sola in cucina, il Signore mi apre una strada. Mi ricordo di una mia compaesana, amica d’infanzia di mia sorella che non so da quanti anni vive a Roma perché laureata all’Università Cattolica del Sacro Cuore, e successivamente rimasta a lavorare come neurologa al Policlinico Gemelli. Non ricordo come, rintraccio il suo nome, la chiamo, e per grazia di Dio la trovo a casa: fatto molto raro, perché è sempre in ospedale a lavorare. La chiamo, si ricorda di me, le leggo l’ecografia e le chiedo se può fare qualcosa. Mi richiama dopo un’ora e mi dice che ha preso appuntamento; mi dovevo presentare tre giorni dopo al Policlinico Gemelli, presso il Day Hospital della ginecologia che si trovava al quarto piano. Lì mi avrebbe aspettato il prof. Noia, che si occupa proprio dei casi come il mio. 

L’incontro con questi è stato al di sopra delle mie aspettative e non lo dimenticherò mai. Mi ha accolto con molta gentilezza e con il sorriso sulle labbra, mi ha fatto l’ecografia e con amore fraterno mi ha spiegato che era un caso di idrocefalia molto serio, che il cervello era intero; forse mancava il corpo calloso, ma eventualmente questo sarebbe stato un problema minore rispetto all’importanza dell’idrocefalo. Mi ha incoraggiato tantissimo e mi ha dato la possibilità di vivere il resto della gravidanza con serenità. Infatti mi ha detto che finché la bambina sarebbe rimasta nel grembo materno, il cervello non avrebbe subito pressioni dal liquido cerebrale, per cui non avrebbe avuto danni dal momento che il corpo è immerso nel liquido amniotico. Il problema della pressione sul cervello si sarebbe posto al momento della nascita. Per il momento la cosa più importante, era arrivare il più possibile al termine della gravidanza, perché una volta nata, la bambina sarebbe stata operata al cervello ed era importante, a quel punto, avere sottomano una bambina robusta e abbastanza forte da superare l’intervento di neurochirurgia. 

Da quel giorno il dottore mi ha dato appuntamento una volta al mese, per poter tenere sotto controllo ecografico l’andamento del liquido cerebrale. Da quel giorno in poi, la mia gravidanza è stata più che mai messa nelle mani di Dio. La voce di questo fatto si è diffusa per tutto il paese in cui vivo e risiedo; tutte le comunità neocatecumenali di nostra conoscenza sono state messe al corrente, così che tutti hanno pregato. Persino il vescovo della diocesi mi ha assicurato la sua preghiera quotidiana. Ancora oggi che sono passati quattro anni, vengo a conoscenza di persone che senza conoscermi hanno pregato per la mia bambina. 

Al termine dell’ottavo mese i medici hanno pensato di farmi fare la risonanza magnetica per vedere meglio la situazione. Per questo motivo, io e mio marito abbiamo trascorso tre giorni a Roma ed abbiamo approfittato per pregare sulla tomba di San Pietro e su quella di papa Giovanni XXIII. Dalla risonanza magnetica è risultato che l’idrocefalia era molto importante, che il cervello c’era tutto, forse mancava l’ultimo pezzo del corpo calloso. La bambina non sarebbe morta alla nascita, ma avrebbe avuto comunque degli handicap non si sapeva di quale entità, ma ci sarebbero stati sicuramente! Un dottore ci ha detto: "Qui ci vuole un miracolo! Noi ci crediamo, ma ci vuole un miracolo!"... 

Finalmente arriva la fine di gennaio, è tempo di partorire. I medici mi hanno tenuta ricoverata una settimana prima del parto, per poter affrontare tutto tranquillamente e poter tenere pronta la sala operatoria anche per la bambina in caso di imminente urgenza. Nel reparto c’erano altre gestanti che avevano in grembo bambini con problemi più o meno gravi del mio, quindi non mi sono sentita "un caso a parte", ma un caso in mezzo a tanti altri. Ho stretto amicizia con alcune di loro e ci siamo incoraggiate a vicenda riscoprendo insieme l’unica fede in Gesù Cristo. Il giorno prima dell’intervento il Signore mi riserva una di quelle sorprese che piacciono a me. Mi viene a trovare il neurochirurgo che avrebbe operato mia figlia: una persona molto calma e sicura alla quale con altrettanta calma dico: "Dottore, io voglio essere pronta a tutto ciò che può capitare domani alla mia bambina! Mi dica lei come pensa di procedere una volta che è nata". E lui mi risponde: "Ma … una volta che la bambina è nata la teniamo sotto osservazione e se si presenta abbastanza sveglia e forte non la operiamo subito. Poi, una volta operata, le conseguenze, se ci saranno, verranno fuori man mano che cresce. Io le posso dire che statisticamente stiamo vedendo che i bambini, poi, alla fine risultano normali e conducono un vita come tutti gli altri: possono fare sport, vanno a scuola normalmente e crescono molto bene!". Non credevo alle mie orecchie! Avrei avuto una bambina normale!?! Ma allora il sogno che avevo fatto di suor Teresa Benedetta era vero ... Era stato profetico! Ebbene sì: posso confermare che così è andata! 

La mia bambina Teresa Benedetta è nata il 6 febbraio 2003 ed è stata operata al cervello durante il primo anno di vita per tre volte. La prima aveva ventotto giorni: un intervento rischioso, ma riuscito molto bene! Poi intorno a sei mesi di vita è stata sottoposta ad un secondo intervento. Infine, ad un anno di vita è stata operata di nuovo e le è stata messa una valvola che le permette di drenare il liquor spinale in eccesso. Oggi Teresa Benedetta ha quattro anni, è una bambina normale, frequenta il primo anno della Scuola materna ed è felicissima di essere nata e di vivere. Fa psicomotricità fin dai quattro mesi di vita e questo le ha permesso di sviluppare appieno tutte le sue potenzialità. È molto socievole e serena: è la gioia della nostra famiglia! Ogni sei mesi andiamo a Roma per i controlli, ma per noi è diventata una gita di piacere! 

- Un grazie innanzitutto a Nostro Signore Gesù Cristo che ha avuto misericordia di noi.
- Ai nonni e agli zii che ci hanno tenuto gli altri figli mentre noi stavamo a Roma e che ci sono stati molto vicini.
- Grazie alla nostra comunità neocatecumenale che ha pregato per noi anche di notte.
- A tutte le comunità ed ai catechisti.
- Grazie a tutte le persone che di propria iniziativa, solo per aver conosciuto il fatto, hanno pregato per noi.
- Un grazie alle suore San Giuseppe che oltre ad aver pregato, seguono nella loro scuola materna la nostra bambina.
- Un enorme grazie alla dottoressa del policlinico Gemelli che per prima ci ha aperto le porte di questo ospedale.
- Un grazie alla società presso cui lavora mio marito che ci ha rimborsato gran parte delle spese di viaggio ed anche ai colleghi di lavoro che ci hanno dimostrato affetto e comprensione nei momenti più difficili.
- Un grazie al nostro vescovo che ha poi battezzato Teresa Benedetta per immersione nella veglia di Pasqua 2003.
- Infine, un grazie a Santa Teresa Benedetta dalla Croce che per prima ha chiesto a Dio il miracolo da parte nostra.


Goffredo, Elisabetta, Matteo, Maria Chiara, Caterina, Agnese, e Teresa Benedetta


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Ecco parte di un articolo tratto da pianeta mamma.it, aiuta a riflettere!

Con la sentenza n° 14488 del 29 luglio 2004 la Corte di Cassazione ha affermato che: “la interruzione volontaria della gravidanza è finalizzata solo ad evitare un pericolo per la salute della gestante, serio (entro i primi 90 giorni di gravidanza) e grave successivamente” ed in conseguenza il Supremo Collegio ritiene che “le eventuali malformazioni o anomalie del feto rilevano solo nei termini in cui possano cagionare il danno alla salute della gestante e non in sé considerate, con riferimento al nascituro”.A conferma viene richiamato l’art. 1 della L. 194/78, il quale, secondo la Cassazione “pur riconoscendo il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, … una volta intervenuto il concepimento, ricollega l’interruzione della gravidanza esclusivamente alle ipotesi normativamente previste in cui sussista un pericolo per la salute o per la vita della gestante”.Nella stessa sentenza si affrontano i problemi dell’eugenetica, e del così detto “diritto di non nascere se con la nascita si ha poi una wrongful life (una vita non degna)”.La Corte ritiene che nel nostro ordinamento non esista l’aborto eugenetico; la legge tutela il concepito e quindi l’evoluzione della gravidanza esclusivamente verso la nascita e non verso la non nascita, per cui se di diritto vuol parlarsi, deve parlarsi di diritto di nascere.
Le motivazioni sono di particolare importanza. Il convincimento della Corte è ancorato in particolare all’art. 54 Codice Penale (stato di necessità), secondo cui con riguardo alla L. n° 194/78 “il diritto che ha la donna è solo quello di evitare un danno (serio o grave, a seconda delle ipotesi temporali) alla sua salute o alla sua vita”.

Le malformazioni fetali non fanno sorgere un diritto all’aborto
, ma sono rilevanti “solo per concretizzare il pericolo alla salute e alla vita della gestante e permettere alla stessa di avvalersi della esimente costituita dalla necessità di interruzione della gravidanza”; chiarissima, poi, la conseguenza: “l’aborto non è l’esercizio di un diritto della gestante, ma un mezzo concesso a lei (e solo a lei) per tutelare la sua salute o la sua vita, sopprimendo un altro bene giuridico protetto (il diritto a nascere del concepito)”.La suddetta sentenza della Cassazione è stata confermata dalla più recente sentenza n° 16123 del 14 luglio 2006 nella quale con molta chiarezza si stabilisce che, ai sensi dell’art. 6 lett. b) della legge n° 194/78, per procedere alla interruzione della gravidanza dopo il novantesimo giorno non basta che siano presenti anomalie o malformazioni del nascituro, ma occorre che tale presenza cagioni processi patologici in atto che comportino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della madre.
Richiamiamo l’attenzione sul fatto che la norma parla di processi patologici che un medico deve accertare; si tratta quindi di malattia, e deve essere anche accertato il grave pericolo per la salute della madre.
Il Supremo Collegio, inoltre, nella sentenza n° 16123/2006 ribadisce chnon è ammesso un diritto “a non nascere” o a “non nascere se non sano”, mentre nel nostro ordinamento è tutelato il diritto del concepito a nascere, anche se affetto da malformazioni.
Infine, è importante tener presente l’insegnamento della Corte Costituzionale che con sua pronunzia del 17-26 novembre 2004 n° 366 (in Giurisprudenza Costituzionale 2004, 3989) ha osservato come per ammettere l’interruzione della gravidanza dopo i primo novanta giorni non sia sufficiente l’accertamento dei processi patologici che comportino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della madre, ma è necessario che nel caso concreto ricorra una “ulteriore condizione prevista dall’art. 7, comma 3 stessa legge”, e cioè “che non sussista possibilità di vita autonoma del feto”.
Informazioni in parte tratte da http://www.paginemediche.it/

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