Nato vivo a 19 settimane.
La storia di Walter
«che si ostinavano a chiamare feto, ma era perfetto»
Proprio mentre
negli Stati Uniti alla Camera passava il disegno di legge per vietare l’aborto oltre la 20esima settimana,
le immagini di Walter, nato vivo a 19 settimane e 3 giorni, hanno fatto il giro
del web. Una nascita davvero inusuale, su cui i medici stanno ancora indagando.
La madre, Lexi Fretz, ha detto di «pregare il Signore di continuare a
utilizzare le foto di Walter per incontrare molte altre persone». La donna ha
deciso di raccontare quanto le è successo. Un racconto dettagliato, a tratti
angosciante, di un travaglio in ospedale in cui non le è mai mancato l’affetto
e la vicinanza del marito Josh. Cosa che non si può dire dei medici e degli
infermieri, che chiamavano quel suo figlio in pancia «il feto» («e a me – ha
raccontato Lexi – veniva voglia di schiaffeggiarli»).
FETO O BAMBINO? Un bambino – perché a un certo
punto anche i medici hanno iniziato a usare questo termine – di quell’età non
poteva avere molte speranze di vita. Nato alle 21.42, è stato subito messo
nelle braccia della madre. «Ho pianto così tanto, ma lui era perfetto», ha
raccontato Lexi. «Era completamente formato, era tutto lì. Ho potuto vedere il
suo cuore che batteva nel suo piccolo petto. Josh e io lo tenevano in braccio e
piangevano su di lui guardando il nostro perfetto, piccolo figlio». Intorno a
Lexi ha cominciato a formarsi un capannello di persone: medici, infermieri,
familiari. Tutti ad ammirare quel piccolo miracolo. «Hanno pregato con me, con
me hanno pianto ed erano lì a rispondere a ogni mio bisogno. Così, pur in un
momento di grande dolore, mi sono sentita amata da tutti».
Il piccolo rimane coi genitori fino a spegnersi.
Momenti dolorosi, ma che Lexi assicura essere importanti: «Ho il cuore
spezzato, avendo saputo delle storie di persone che non sono state autorizzate
a vedere il loro bambino. Sarebbe stato devastante per me! Lo tenevo, lo
coccolavo mentre il suo cuore batteva. L’ho stretto al mio cuore, gli ho
contato le dita dei piedi e gli ho baciato la piccola testa. E ora custodirò
per sempre questi ricordi di lui».
«NON SO PERCHE’ MA…». La donna è ancora sconvolta
da quante persone abbiano visto e commentato le foto di suo figlio e dal fatto
che «nella sua breve esistenza, di soli pochi minuti, ha toccato più vite di
quante avrei mai potuto immaginare. Ho ricevuto messaggi da persone di tutto il
Paese che hanno sperimentato una perdita o sono state toccate dalla sua storia.
Ho anche saputo di un paio di persone che hanno usato le sue foto per aiutare
una donna che stava male e che stava pensando all’aborto».
Lexi sa bene che anche se «non capisco perché il
Signore lo ha portato subito a casa»,
quelle foto dicono che, «anche se non
possiamo vederle il bambino in grembo, non vuol dire che lui è un grumo di
cellule. Walter era perfettamente formato e si muoveva nel
grembo materno». Non
solo, «potrò anche non capire fino in fondo perché, ma resta il conforto di
sapere dove si trova e che lo vedrò ancora. Per ora, è con suo Padre celeste
che lo ama immensamente più di me, la sua mamma terrena». E comunque, conclude
Lexi, sono grata che qualcosa di buono stia nascendo da tutto ciò. Per questo,
«prego il Signore di continuare a utilizzare le foto di Walter per incontrare
molte altre persone».